Operatori
Tlc: con decisione Agcom si torna al monopolio
Ricadute economiche per i consumatori, a rischio gli investimenti
25 marzo 2009 - I principali
operatori concorrenti di Telecom Italia sulla rete fissa, Fastweb, Vodafone, Tele2,
Wind e BT, ribadiscono la netta contrarietà alla decisione adottata da
Agcom relativa all’aumento
del canone di unbundling, il prezzo all'ingrosso pagato dagli operatori
concorrenti per l'affitto delle linee di Telecom Italia.
Agcom con questa decisione
ha modificato la policy che aveva contraddistinto negli ultimi anni, peraltro
con successo, il suo intervento volto all’apertura alla concorrenza del
mercato della telefonia fissa.
L’incremento dei
costi deciso rende non più conveniente il ricorso all’unbundling
ed interrompe quindi i programmi di investimento degli operatori alternativi nelle
aree del Paese ad oggi ancora non coperte direttamente.
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L’inversione
di tendenza deliberata presenta poi evidenti ed ulteriori limiti: non tiene conto
dell’esito – in maggioranza negativo – del market test condotto
attraverso la consultazione pubblica realizzata nei mesi scorsi, contraddice numerose
evidenze contrarie all’aumento del canone di ULL, comporta un prospettico
e forte arretramento del livello della concorrenza, innalza indebitamente i costi
degli operatori concorrenti di Telecom Italia favorendo la creazione di ingiustificati
margini di profitto per l’operatore ex-monopolista, disincentiva gli investimenti
nella rete di nuova generazione da parte della stessa Telecom Italia e riduce
significativamente le risorse a disposizione degli operatori alternativi per investimenti
nella rete.
Con questa decisione,
Agcom si posiziona quindi in netta controtendenza nel panorama delle telecomunicazioni
in Europa.
In questo contesto poi,
la decisione di far decorrere le nuove condizioni dal 1 gennaio 2009 rappresenta
una vera peculiarità: essa pregiudica per gli operatori infrastrutturati,
che pagano il canone ULL a Telecom Italia, la possibilità di ripetere sui
propri prezzi retail l’incremento subito, creando quindi, ed è paradossale
che ciò avvenga a opera di una Autorità di regolamentazione, un
evidente ed oggettivo danno. Rammentiamo che l’entrata in vigore dell’incremento
del canone di abbonamento retail risale al 1° febbraio 2009. Non si comprende
infine come Agcom abbia potuto adottare una decisione in contraddizione con quanto
da essa stessa affermato lo scorso dicembre (16.12.2009) allorché affermava
una entrata in vigore non prima del marzo 2009.